Articolo di giornale: esempio Prima Prova - Studentville

Articolo di giornale: esempio Prima Prova

Prima prova 2017 traccia dell'articolo di giornale: svolgimento della traccia di tipologia B per l'Esame di Maturità.

ARTICOLO DI GIORNALE ESEMPIO PER LA PRIMA PROVA 2020

Siete già pronti per la prima prova maturità 2020? Avete intenzione di fare l’articolo di giornale?  Di sicuro è importante arrivare a quel giorno carichi e preparati.  Purtroppo scopriremo gli argomenti delle tracce solo con l’inizio della prova d’esame; per questo motivo vi consigliamo di continuare a studiare e provare a scrivere, magari allenandovi su tracce di esame degli anni precedenti. Nel frattempo, vi forniamo un esempio di articolo di giornale già svolto, in modo che riusciate a captarne la struttura e lo stile giusti da utilizzare il giorno della prova. Continuate a leggere per saperne di più!

Rimani in continuo aggiornamento con le nostre guide sulla Prima Prova di Maturità 2020:

PRIMA PROVA MATURITÀ 2020, L’ARTICOLO DI GIORNALE, UN ESEMPIO SVOLTO

Argomento

I giovani e la crisi

Documenti

«La crisi dell’economia ha lasciato per strada, negli ultimi tre anni, più di un milione di giovani lavoratori di età compresa tra i 15 ed i 34 anni. E sono stati soprattutto loro a pagare il conto della turbolenza economica e finanziaria che da anni investe l’Europa e l’Italia, fiaccandone la crescita. Tra il 2008 ed il 2011, infatti, l’occupazione complessiva in Italia è scesa di 438 mila unità, il che significa che senza il crollo dell’occupazione giovanile ci sarebbe stata addirittura una crescita dei posti di lavoro. Tra il 2008 e il 2011, secondo i dati dell’Istat sull’occupazione media, i lavoratori di età compresa tra i 15 e i 34 anni sono passati da 7 milioni e 110 mila a 6 milioni e 56 mila. La diminuzione dei giovani occupati, pari a 1 milione 54 mila unità, ha riguardato sia gli uomini che le donne, più o meno nella stessa proporzione (meno 622 mila posti di lavoro tra gli uomini, meno 432 mila tra le giovani donne), ed in modo più intenso il Nord ed il Sud del Paese che non il Centro.»   Mario Sensini – Crolla l’occupazione tra i 15 e i 35 anni, Corriere della Sera – 8/04/2012
«Giovani al centro della crisi. In Italia l’11,2% dei giovani di 15-24 anni, e addirittura il 16,7% di quelli tra 25 e 29 anni, non è interessato né a lavorare né a studiare, mentre la media europea è pari rispettivamente al 3,4% e all’8,5%. Di contro, da noi risulta decisamente più bassa la percentuale di quanti lavorano: il 20,5% tra i 15-24enni (la media Ue è del 34,1%) e il 58,8% tra i 25-29enni (la media Ue è del 72,2%). A ciò si aggiunga che tra le nuove generazioni sta progressivamente perdendo appeal una delle figure centrali del nostro tessuto economico, quella dell’imprenditore. Solo il 32,5% dei giovani di 15-35 anni dichiara di voler mettere su un’attività in proprio, meno che in Spagna (56,3%), Francia (48,4%), Regno Unito (46,5%) e Germania (35,2%).la mobilità che non c’è, questione di cultura e non di regole. I giovani sono oggi i lavoratori su cui grava di più il costo della mobilità in uscita. Nel 2010, su 100 licenziamenti che hanno determinato una condizione di inoccupazione, 38 hanno riguardato giovani con meno di 35 anni e 30 soggetti con 35-44 anni. Solo in 32 casi si è trattato di persone con 45 anni o più. L’Italia presenta un tasso di anzianità aziendale ben superiore a quello dei principali Paesi europei. Lavora nella stessa azienda da più di dieci anni il 50,7% dei lavoratori italiani, il 44,6% dei tedeschi, il 43,3% dei francesi, il 34,5% degli spagnoli e il 32,3% degli inglesi. Tuttavia, solo il 23,4% dei giovani risulta disponibile a trasferirsi in altre regioni o all’estero per trovare lavoro.»
45° RAPPORTO CENSIS, Lavoro, professionalità, rappresentanze, Comunicato stampa 2/12/2011
«Il lavoro che si riesce a ottenere con un titolo di studio elevato non sempre corrisponde al percorso formativo intrapreso. La coerenza tra il titolo posseduto e quello richiesto per lavorare è, seppur in lieve misura, più elevata tra i laureati in corsi lunghi piuttosto che tra quanti hanno concluso corsi di durata triennale. Infatti, i laureati in corsi lunghi dichiarano di svolgere un lavoro per il quale era richiesto il titolo posseduto nel 69% dei casi mentre tra i laureati triennali tale percentuale scende al 65,8%. D’altra parte a valutare la formazione universitaria effettivamente necessaria all’attività lavorativa svolta è circa il 69% dei laureati sia dei corsi lunghi sia di quelli triennali. Una completa coerenza tra titolo posseduto e lavoro svolto – la laurea, cioè, come requisito di accesso ed effettiva utilizzazione delle competenze acquisite per lo svolgimento dell’attività lavorativa – è dichiarata solo dal 58,1% dei laureati nei corsi lunghi e dal 56,1% dei laureati triennali. All’opposto, affermano di essere inquadrati in posizioni che non richiedono la laurea sotto il profilo né formale, né sostanziale il 20% dei laureati in corsi lunghi e il 21,4% di quelli triennali.»
ISTAT – Università e lavoro: orientarsi con la statistica –
«Che storia, e che vita incredibile, quella di Steve Jobs. […] Mollò gli studi pagati dai genitori adottivi al college di Portland, in Oregon, dopo pochissimi mesi di frequenza. Se ne partì per un viaggio in India, tornò, e si mise a frequentare soltanto le lezioni che gli interessavano. Ovvero, pensate un po’, i corsi di calligrafia. […] Era fuori dagli standard in ogni dettaglio, dalla scelta di presentare personalmente i suoi prodotti da palchi teatrali, al look ultra minimal, con i suoi jeans e i suoi girocollo neri alla Jean Paul Sartre. “Il vostro tempo è limitato – disse l’inventore dell’iPod, l’iPhone e l’iPad agli studenti di Stanford nel 2005 -. Non buttatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non lasciatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere con i risultati dei pensieri degli altri. E non lasciate che il rumore delle opinioni degli altri affoghi la vostra voce interiore. Abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno già cosa voi volete davvero diventare. Tutto il resto è secondario”. »
Giovanna FAVRO, Steve Jobs, un folle geniale, “La Stampa” – 6/10/2011

MATURITÀ 2020, PRIMA PROVA: ESEMPIO SVOLTO ARTICOLO DI GIORNALE 

  • Titolo: Non chiamateli Bamboccioni!
  • Consegna: Giornale della scuola

Li hanno definiti bamboccioni, vittime della crisi, sognatori senza speranza, “choosy” (schizzinosi). Sono sempre loro, i giovani Italiani del XXI secolo!
L’Europa da molti anni oramai sta attraversando un periodo di crisi; crisi sociale, crisi economica, crisi morale; ma cos’è la crisi? Quando finirà?
In Italia, i giovani di oggi, tentano di darsi delle risposte, ma la maggior parte delle volte restano delusi e pieni di dubbi di fronte ad un interrogativo che li spaventa. Quale sarà il mio futuro? C’è chi studia e s’impegna, spera ancora di realizzarsi nel mondo del lavoro; scuola, università, dottorato, tirocinio, praticantato, tutto per raggiungere l’obiettivo.  Molti in attesa di qualche proposta lavorativa migliore, svolgono attività che non richiedono specializzazioni o in cui non vi è coerenza con la formazione universitaria o addirittura lavori per cui tale formazione non era effettivamente necessaria .
Ci sono poi i più “deboli” che sconfortati dall’aumento del numero sempre crescente dei “cervelli in fuga” e dalla dilagante disoccupazione giovanile arrivata, secondo i dati Istat, negli ultimi tempi, al 37,9% in Italia e al 22% in Europa, si abbatte e a mala pena, termina gli studi obbligatori. C’è chi demoralizzato e impaurito dalla “crisi” preferisce non far nulla per migliorare la propria condizione, sentendosi impotente ed estraniato dalle istituzioni, scivolando progressivamente verso i margini.
C’è chi dopo lotte e anni di tenacia resistenza, decide di lasciare il suo paese, verso altri lidi e opportunità lavorative più vantaggiose, stancho di essere sfruttato, mal pagato e giungere alla fine del mese con l’acqua alla gola.
Giovani innamorati e vogliosi di formare una famiglia vedono infranto il loro sogno ancor prima di provarci, perché senza lavoro non si può crescere dei figli!
Tutte queste condizioni hanno portato l’Italia a essere il paese dei “bamboccioni”, in altre parole tutti quelli che continuano  a vivere e a dipendere economicamente dai genitori, nonostante abbiano superato la soglia dei trenta anni.
Ma di chi è la colpa di tutto ciò? Del giovane frustrato e atterrito, che non trova un lavoro tale da poter diventare ”libero” e autonomo o di una scarsa valorizzazione e professionalizzazione dei giovani o di fallimentari riforme riguardo alla lotta alla disoccupazione?
Molti economisti hanno definito quella attuale come la più grave crisi economica- finanziaria dal 1929, che ha colpito tutta l’Europa.  Alcuni Paesi europei oggi  sembrano orientati verso la ripresa, mentre l’Italia stenta ancora a trovare la sua strada verso la risalita. Per questo è oltremodo difficile suggerire delle soluzioni.  Si auspica, in ogni modo, che la situazione generale possa cambiare al più presto, poiché oggi è in crescendo il numero di giovani che oltre alla fiducia nelle istituzioni e nella società stanno perdendo la fiducia in se stessi e nel proprio futuro.

Per approfondire leggi qui:

Maturità 2020: risorse utili

Se devi sostenere la maturità 2020, probabilmente ti serviranno questi link:

Se vuoi consigli sulle prove e la tesina di Maturità iscriviti al gruppo Facebook Maturità 2020: #esamenontitemo

Commenti

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti