Prima Prova Maturità 2014: Tipologia A - analisi del testo svolta - Studentville

Prima Prova Maturità 2014: Tipologia A - analisi del testo svolta

L'analisi del testo (tipologia A) della Prima Prova di Maturità 2014.

ESCLUSIVO: TIPOLOGIA A – ANALISI DEL TESTO

Forse è un segno vero della vita:
intorno a me fanciulli con leggeri
moti del capo danzano in un gioco
di cadenze e di voci lungo il prato
della chiesa. Pietà della sera, ombre
riaccese sopra l’erba così verde,
bellissime nel fuoco della luna!
Memoria vi concede breve sonno;
ora, destatevi. Ecco, scroscia il pozzo
per la prima marea. Questa è l’ora:
non più mia, arsi, remoti simulacri.
E tu vento del sud forte di zàgare,
spingi la luna dove nudi dormono
fanciulli, forza il puledro sui campi
umidi d’orme di cavalle, apri
il mare, alza le nuvole dagli alberi:
già l’airone s’avanza verso l’acqua
e fiuta lento il fango tra le spine,
ride la gazza, nera sugli aranci.

La poesia di Salvatore Quasimodo, “Ride la Gazza, nera sugli aranci”, in endecasillabi, è quella che apre la raccolta “Ed è subito sera”, che esprime il pieno il pensiero ermetico del poeta.
La situazione iniziale in cui si trova Quasimodo infatti, è l’atmosfera di un paesaggio rarefatto e sognato, diverso dalla situazione reale in cui invece si trova.
Il poeta esordice dicendo che sembra proprio un sogno diventato realtà ciò che sta vivendo, con bambini che giocano intorno a lui intonando cantilene di girotondo nel cortile della chiesa. E ciò ricorda i suoi compagni di giochi, fatti rivivere come ombre dalla luce rossa della luna. Il ricordo allora riporta alla realtà: si sente ad un certo punto l’acqua della marea che riempie il pozzo. L’infanzia è solo un ricordo lontano, e i compagni sono solo rappresentazioni effimere. Il poeta poi si rivolge al vento: tra il forte odore dei fiori d’arancio, lo prega di allontanare la luna, e di portarla laddove i bambini riposano nudi come le statue classiche. Il vento allora deve incitare il puledro sul prato che ha ancora le orme dei cavalli, deve far spumeggiare il mare e allontanare le nuvole dalle cime degli alberi. E nel frattempo, sul far della sera. l’airone avanza verso le acque basse in cerca di piccole prede, mentre la gazza dalle piume nere, dall’albero di arance, fa il suo verso che somiglia quasi ad una risata.
Il primo verso “Forse è un segno vero della vita” esprime il dubbio del poeta su ciò che sta vedendo: è un sogno, oppure realtà? E in questo caso Quasimodo sembra essere quasi convinto che sia il frutto della sua immaginazione che diventa realtà. E subito dopo, il poeta crede che ciò sia dovuto ad una sorta di “pietà della sera”. In questo caso vi è una personificazione, ed è come se la sera, impietosita dello stato d’animo del poeta, avesse voluto regalargli, attraverso un gioco di ombre provocato dalle luci della luna, un momento di piacere con immagini idilliache. Queste sono “ombre riaccese”, nel senso che sono fatte rivivere dalla luminosità rossastra della luna sul prato verde.
La poesia contiene uno dei motivi caratteristici del movimento ermetico: quello della memoria. Quasimodo ricorda infatti, durante il plenilunio, il paesaggio della sua Sicilia, la sua lontana terra natìa. Si abbandona allora al ricordo della sua infanzia, quando con gli altri fanciulli giocava intonando cantilene e riposando sul prato verde e fresco. Sembra quasi che attraverso le parole il poeta riesca a trasmettere odori, colori e la vivacità spumeggiante della sua terra, ma sempre con un velo di malinconia, perché questo è solamente un ricordo lontano. Vi è quindi la consapevolezza che tutto questo non si ripeterà mai più: egli non rivedrà i prati, i puledri, l’airone poggiato sull’acqua, né la gazza nera che ride sugli aranci. E dal verso 11 comprendiamo tutto ciò: “non più mia, arsi, remoti simulacri”, significa proprio che le immagini dei compagni sono appunto solo immagini lontane, destinate a sparire in breve tempo.
La poesia è piena di immagini mitiche: a partire dai primi versi, con i fanciulli che giocano felici sul prato, per poi proseguire con la rappresentazione della natura, il vento, il profumo di arancio, la luna, il puledro che corre sul prato, il mare, l’airone sull’acqua. Le immagini mitiche vengono poi rafforzate da alcune espressioni come “fanciulli con leggeri moti del capo danzano in un gioco di cadenze e di voci” e “spingi la luna dove nudi dormono i fanciulli”.
La natura è un motivo abbastanza ricorrente nella poesia di Quasimodo, e in questo caso si utilizza essenzialmente per due scopi: rafforzare la differenza tra la felicità del passato e l’infelicità del presente, e rendere più vivo e forte il ricordo della terra natìa. Con la descrizione della natura la nostalgia della Sicilia diviene un luogo mitico, in una sorta di trasfigurazione favolosa del passato, contrapposta all’insoddisfazione del presente.
La poesia riassume due fasi della poesia di Quasimodo: quella ermetica, riscontrabile attraverso le espressioni di sogno e incanto, che riportano a paesaggi mitici e che ricordano un paradiso perduto. Ma, analizzando più a fondo il contenuto, traspare anche una certa maliconia, collegabile alle tematiche sociali della seconda fase della poesia del poeta. Il componimento ha un linguaggio implicito e indiretto, tipico della comunicazione ermetica. Il ricordo della fanciullezza avviene attraverso la sintesi e l’analogia, che rimanda a situazioni vissute. Anche in altri componimenti vi è il ricordo dell’infanzia e della terra natìa: per esempio, in “Vento a Tindari”, si ricorda proprio il luogo della fanciullezza del poeta, la terra madre. E’ un ricordo felice anche qui, che si contrappone alla città di Milano, dove si consuma il senso dell’esclusione e della perdita. Verso la fine vi è una certa tensione, accentuata da una serie di imperativi, ma anche dall’enjambement e dall’aumento di suoni aspri. Tutto ciò contribuisce ad aumentare la sensazione di angoscia e dolore che Quasimodo vuole trasmettere al lettore. Vi sono inoltre molte allitterazioni e assonanze (arsi-simulacri, apri il mare), e tutta questa tensione culmina con l’immagine della gazza nera, simbolo di morte, che ricorda un po’ gli uccelli neri della poesia “Uomo del mio tempo”.

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